Nome italianizzato di
Nikolaus Chrypffs o
Krebs von Cues. Teologo e filosofo tedesco. Educato a Deventer, nella
comunità dei Fratelli della vita comune, compì gli studi superiori
a Heidelberg, Padova e Colonia. Nominato segretario del cardinale Giovanni
Orsini nel 1426 e ordinato successivamente sacerdote, prese parte alle dispute
per la riforma della Chiesa e nel 1432 partecipò al Concilio di Basilea
in cui sostenne la tesi della supremazia papale. Negli anni seguenti gli furono
affidate varie missioni all'estero e svolse delicati incarichi soprattutto in
Germania. Nel 1437 fu inviato a Costantinopoli, dove riuscì a convincere
l'imperatore Giovanni Paleologo a partecipare al Concilio per la riunione delle
Chiese, apertosi l'anno successivo a Ferrara. Creato cardinale nel 1449, gli
venne assegnata la sede episcopale di Bressanone (1450) dove promosse la riforma
della disciplina e della cultura religiosa del clero, venendo in conflitto con
il duca del Tirolo, Sigismondo. Nel 1459 fu chiamato a Roma da Pio II che lo
nominò suo vicario generale. Rimase molto attivo sino alla morte e negli
ultimi anni si dedicò soprattutto alla raccolta e alla sistemazione delle
sue numerose opere filosofiche, teologiche, di politica civile ed ecclesiastica,
come pure di cultura varia. Personalità molto complessa,
C.
è indubbiamente una delle figure più interessanti del periodo di
transizione dalla cultura medioevale a quella del Rinascimento, ed è
considerato il maggiore rappresentante della filosofia del XV sec. La sua opera,
infatti, rappresenta una grande sintesi del pensiero medioevale e, insieme,
un'introduzione alla filosofia dell'età moderna. Per quanto nel pensiero
di
C. il problema religioso occupi una posizione centrale, la sua
teologia comporta un'impostazione del tutto nuova del problema dell'universo e
dell'uomo, su una base filosofica che sarebbe poi stata sviluppata da pensatori
quali Bruno, Leonardo, Copernico. Principio fondamentale della filosofia di
C. è la relazione tra Dio e l'universo: essi sono
identici
nel senso che sono entrambi infiniti, ma sono anche
opposti, nel senso
che la comune infinità è complicata in Dio, esplicata
nell'universo. Questo principio di identità-opposizione, formulato
già dai mistici medioevali, è sviluppato da
C. in modo del
tutto originale. Egli infatti ne deduce, da una parte, una concezione
cosmologica che precorre l'ipotesi copernicana e, dall'altra, una
concezione
gnoseologica che anticipa le più ardite esaltazioni
dell'uomo da parte del pensiero rinascimentale. Nonostante la fondamentale
identità tra Dio e l'universo, essi restano tra loro incommensurabili. La
coincidenza nella loro opposizione è reale, ma inconcepibile, per cui, di
fronte ad essa, l'unico atteggiamento saggio è la
docta
ignorantia. Non per questo, però, l'uomo deve rinunciare a farsi
un'idea di Dio. Tale atteggiamento, infatti, presuppone una precisa intuizione
dell'unità del tutto. Questa intuizione intellettuale, che
C.
definisce
coincidentia scientiae et ignorantiae, rende veramente l'uomo
partecipe del divino, facendoglielo amare. Tuttavia, se la sfera del divino
rimane preclusa all'uomo nella sua unità assoluta, essa gli si dischiude
nella sua esplicazione cosmica: la conoscenza scientifica, condotta con mezzi
razionali, permette all'uomo di compiere un processo indefinito di unificazione,
di riduzione della molteplicità sensibile all'unità concettuale
che riproduce il rapporto tra Dio e l'universo.
C. fu scrittore molto
fecondo e spaziò in campi diversi; tra le sue numerose opere, ricordiamo:
De concordantia catholica (1433),
De docta ignorantia (1439-40),
Apologia doctae ignorantiae (1449),
Idiota (1450),
De visione
Dei (1453),
De pace fidei (1453),
De beryllo (1458),
De non
aliud (Cues, Treviri 1400 o 1401 - Todi 1464).